Gli scenari
Zelensky, la più grande operazione militare in terra russa: Merz rimpiazza Trump (che è sull’orlo della crisi di nervi) e l’Ucraina va a segno

Vladimir Medinsky aveva dichiarato: “Come diceva Napoleone, combattimenti e trattive marciano di pari passo. Non esiste la regola secondo cui prima si smette di combattere e poi si tratta”. E così è stato: la Russia, per bocca dello stesso Medinsky che guidava la delegazione di Mosca a Istanbul, ha parlato con gli ucraini soltanto di dettagli come il solito scambio di prigionieri, ma la novità rispetto all’altra volta e che Volodymyr Zelensky ha risposto con qualche ora di anticipo scatenando la più grande operazione militare all’interno della Russia, operazione che per la sua efficacia dimostra di essere stata preparata da tempo. Gli ucraini hanno distrutto almeno quattro campi d’aviazione russi facendo saltare in aria aerei costosissimi e colpendo sino in Siberia. Il ministero dell’aeronautica russa ha ufficialmente riconosciuto la pesante sconfitta.
L’utilizzo dei missili
Prima dell’inizio del colloquio i giornalisti tedeschi hanno assediato il cancelliere Friedrich Merz per sapere quale parte avesse avuto la Germania in questo exploit militare così efficace e perfettamente condotto. Da una settimana a questa parte è evidente, per ammissione sia di Merz che di Zelensky, che Berlino ha rimpiazzato Washington nel sostegno militare incondizionato all’Ucraina, per varare nuove industrie di fabbriche di armi e concedendo a Kiev con assoluta libertà di lanciare missili tedeschi in qualsiasi punto della Russia. Ma ancora questi missili non sono ancora utilizzabili perché occorreranno sei mesi di addestramento del personale ucraino. Merz ha comunque deciso di creare fabbriche di missili e di munizioni sul suolo ucraino e mandato tecnici in Ucraina. Il cancelliere non si è sottratto alle domande e ha detto di non essere stato affatto informato dell’azione condotta la notte precedente (ed è bene che sia così perché le operazioni militari non possono essere discussa apertamente).
L’orlo della crisi di nervi
Questo aperto impegno militare tedesco che ha già mandato in bestia il Cremlino ha declassato in parte il protagonismo americano che peraltro, come abbiamo visto dai messaggi alle dichiarazioni del presidente Trump, era già sull’orlo di una crisi di nervi.
Le due delegazioni hanno lasciato l’albergo messo a loro disposizione dal presidente turco Erdogan. Dopo aver messo appunto accordi minimi di nessuna importanza storica, hanno varato un nuovo scambio di prigionieri e la riconsegna di migliaia di salme. Così è confermato anche dal ministro della Difesa ucraino Rustem Umerov. Tutto si è concluso nel giro di un’ora perché ogni punto era già stato trattato in ogni singolo dettaglio e come al solito non è uscito assolutamente nulla sulla pur larvata ipotesi di una tregua o di un cessate il fuoco. Stavolta però la decisione di non toccare i punti cruciali di una trattativa che ancora non esiste, è venuta da tutti e due i campi. La delegazione ucraina, dopo aver preso atto che i russi non avevano mandato per discutere una sospensione dei combattimenti, si sono limitati a prendere atto con freddezza. La dimostrazione di forza dispiegata alla vigilia ha prodotto un nuovo atteggiamento ucraino avvenuta con il cambio di leadership in Germania.
A questo punto le reazioni irate di Donald Trump contro Vladimir Putin rientrano nel campo delle congetture. Certamente Trump è ancora furioso perché si sente preso in giro da Putin cui aveva riservato parole minacciose e brutali alle quali il presidente russo aveva risposto dandogli del bugiardo perché l’uomo del Cremlino nega di aver riconosciuto Trump come un mediatore. Il campo di battaglia ha fatto il resto perché nemmeno gli americani sapevano nulla della vincente operazione chiamata “In profondità” fino alla Siberia. Ma quella ucraina è stata per ora una bella esibizione di coordinamento de volontà di combattere e allo stesso tempo le forze di terra russe hanno anche loro scatenato una nuova offensiva sul fronte nord. L’esercito di Kyiv stavolta non ha accusato un colpo nel morale, perché il morale è salito alle stelle per le efficaci garanzie tedesche. Ieri non si è svolto alcun negoziato né trattativa di pace ma piuttosto una conferma del furioso desiderio di proseguire la guerra declassando il ruolo degli americani. Non dimentichiamo che il presidente americano ha chiamato Putin “un pazzo furioso”. In questa guerra il “fattore umano” illuminato da Graham Green nel “Nostro agente all’Avana” è oggi l’elemento più pericoloso perché incalcolabile.
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