Vladimir Putin non fa sul serio sulla pace. È questo il sospetto del governo di Kyiv, ma anche di molti Paesi occidentali e della stessa Unione europea, preoccupati dalle mosse del presidente russo sia sul fronte ucraino che sul tavolo di Istanbul. Troppo basso il livello della delegazione inviata in Turchia. Troppi i motivi dello “zar” per evitare la pace in questo momento, specialmente ora che l’intelligence Usa teme una nuova offensiva terrestre. Troppo il desiderio di Putin di essere lui a proporre i tempi e i modi del negoziato per porre fine alle ostilità, senza essere costretto ad accettare l’invito di Volodymyr Zelensky o di altri leader. Ed è proprio per questa serie di ragioni che in molti, a Bruxelles a Londra e nelle varie cancellerie Ue, vorrebbero qualcosa di più.

La sessione a Tirana

Ieri, durante la sessione plenaria della Comunità politica europea a Tirana, il premier britannico Keir Starmer è stato chiaro: “Putin deve mettersi al tavolo per un cessate il fuoco incondizionato e se non verrà deve pagarne il prezzo”. Dello stesso avviso il presidente francese Emmanuel Macron, secondo il quale “le ultime ore hanno dimostrato che la Russia non ha alcuna voglia di un cessate il fuoco e che, se non ci sarà una pressione maggiore da parte degli europei e degli americani per ottenere questo risultato, non sarà spontaneo”. Il riferimento a ulteriori sanzioni è evidente, e lo ha chiarito anche il cancelliere tedesco Friedrich Merz. E in modo netto è intervenuta anche la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. Al suo arrivo a Tirana, la leader Ue ha lanciato il suo avvertimento nei confronti di Putin. L’obiettivo della Commissione è quello di aumentare la pressione sul Cremlino andando a colpire i suoi interessi vitali. E per farlo, uno dei principali strumenti è rappresentato dalle sanzioni all’esport di gas e petrolio.

Il pacchetto di sanzioni

Von der Leyen ha spiegato che il nuovo pacchetto di sanzioni su cui si sta riflettendo a Bruxelles parte proprio da questo presupposto. “Questo pacchetto includerà, ad esempio, sanzioni sul NordStream 1 e NordStream 2”, cioè i due gasdotti che uniscono (o univano) i terminal russi a quelli tedeschi, ha detto la presidente della Commissione. E sempre dall’Albania, von der Leyen ha sottolineato che questo nuovo pacchetto “includerà anche l’inserimento di più navi della flotta ombra russa e anche l’abbassamento del tetto del prezzo del petrolio e includerà ulteriori sanzioni al settore finanziario in Russia”. Due elementi fondamentali, perché in questi anni di guerra si è capito che le navi che aggirano le sanzioni esportando gli idrocarburi russi rappresentano uno dei problemi più complessi e difficili da gestire. Tanto che da tempo molti Paesi Ue, specialmente i baltici, sperano in un ulteriore giro di vite. La strada quindi è tracciata. Bruxelles vuole che l’assedio economico su Mosca sia talmente forte da costringere lo “zar” a evitare il completo naufragio del fragile negoziato di pace. “I ricavi russi dal petrolio e dal gas sono diminuiti di quasi l’80% rispetto a prima della guerra.

Problemi russi per portare Putin al tavolo

Il deficit russo sta salendo alle stelle. I tassi di interesse sono proibitivi. L’inflazione è in aumento, ben oltre il 10%. E siamo pronti a fare di più per portare il presidente Putin al tavolo dei negoziati” ha detto von der Leyen. Mentre i “volenterosi” (i leader di Francia, Ucraina, Regno Unito, Germania e Polonia) si sono riuniti nella stessa capitale albanese insieme a Volodymyr Zelensky (non c’era Giorgia Meloni) per fare il punto della situazione e sentire subito dopo il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. Il segnale dall’Europa è chiaro. Ma in molti, all’interno dell’Ue, hanno già mostrato forti dubbi sulla volontà di bloccare completamente l’import di gas russo (in particolare Slovacchia e Ungheria). E il modo in cui sono terminati ieri i colloqui di Istanbul, le richieste russe sulla cessione dei territori da parte dell’Ucraina, il pericolo di nuove avanzate e il desiderio che tutto sia gestito dal filo diretto tra Putin e Trump fanno credere che lo “zar” presti ben poco ascolto anche in un futuro pacchetto di sanzioni da parte di Bruxelles. Nel frattempo, l’esercito russo continua ad avanzare in Donbass. E gli osservatori e i funzionari occidentali temono che il Cremlino stia solo perdendo tempo in attesa di sfruttare la tarda primavera e l’estate per lanciare una nuova offensiva.