Un nuovo picco
Tripoli sotto assedio: civili intrappolati senza acque e cibo. Zaher: “In arrivo nuove tensioni. Troppe autorità, efficacia minata”

La Capitale libica è sprofondata in un vortice di violenza, e si riesce con difficoltà ad arrivare a una tregua limitata a determinate zone per mettere in salvo i civili. Da alcuni giorni Tripoli è teatro di una guerra urbana con scontri tra la Forza di deterrenza (Rada) – guidata da Abdul-Raouf Kara e appoggiata dai residenti di Souq al-Juma e dal Consiglio presidenziale libico – e la 444ᵃ Brigata Operativa, insieme alla Forza Congiunta e alla 111ᵃ Brigata, fedeli al governo di Abdelhamid Dabaiba. Armi leggere, pesanti, droni, mortai e artiglieria hanno trasformato le strade in un campo di battaglia, intrappolando migliaia di civili. Da Souq al-Juma a Midan al-Shuhada, il fuoco incrociato non dà scampo. Proiettili cadono senza sosta, costringendo gli abitanti a barricarsi in casa. Scuole, università e ospedali sono chiusi oppure operano a regime ridotto. L’aeroporto di Mitiga è stato evacuato, con voli dirottati su Misurata. Negozi e uffici pubblici hanno abbassato le saracinesche, lasciando il centro città spettralmente deserto. La vita quotidiana è sospesa, mentre il suono delle esplosioni echeggia senza sosta.
Il conflitto ha raggiunto un nuovo picco con l’uso di droni armati: la Forza di deterrenza ha bombardato il campo Takbali della 444ᵃ Brigata, segnando un’escalation senza precedenti. A Souq al-Juma i residenti si sono mobilitati in massa. Giovani e cittadini hanno protestato davanti al Consiglio comunale, denunciando “l’aggressione delle milizie di Misurata” e unendosi come volontari alla Forza di deterrenza per difendere il quartiere. Dabaiba è al centro di dure critiche. A Tripoli lo accusano di aver orchestrato il conflitto per consolidare il proprio potere, assumendo decisioni militari che spettano esclusivamente al Consiglio presidenziale, secondo l’Accordo Politico. Quest’ultimo ha smentito di aver autorizzato le operazioni, mentre il Capo di Stato maggiore, Generale Mohamed El-Haddad, si è rifiutato di intervenire, evidenziando un vuoto istituzionale che alimenta il caos.
In risposta agli scontri, Dabaiba ha annunciato misure per “ripristinare l’autorità dello Stato”. Tra i provvedimenti adottati: lo scioglimento dell’Ufficio anti-immigrazione irregolare, dell’Autorità per la Sicurezza degli impianti e del Dipartimento operazioni e sicurezza giudiziaria della Polizia giudiziaria, istituito da Mahmoud Najim, recentemente fermato in Italia su mandato della Corte Penale Internazionale e poi liberato. Le funzioni di questi enti sono state trasferite al Ministero dell’Interno. Inoltre il Colonnello Mustafa Ali Al-Wahishi è stato nominato Capo del Servizio di sicurezza interna, sostituendo Lutfi Al-Harari. Una Commissione congiunta, formata dal Ministro dell’Interno e dal Consiglio superiore della magistratura, esaminerà entro una settimana le condizioni carcerarie e le prassi di detenzione.
Secondo l’analista libico Ahmed Zaher, sentito dal Riformista, “le misure mirano a ridimensionare le strutture autonome legate ad Abdel Ghani al-Kikli, ma il Servizio di supporto alla stabilità, da lui guidato, resta operativo, senza decreti di scioglimento. Questo lascia presagire nuove tensioni. Il trasferimento di competenze al Ministero dell’Interno punta a centralizzare il comando, ma la coesistenza di molteplici ‘autorità legittime’ ne mina l’efficacia”.
Intanto a Tripoli la situazione umanitaria è drammatica. Migliaia di civili sono intrappolati, senza accesso garantito a cibo, acqua o medicinali. Le recenti decisioni di Dabaiba segnano un tentativo di riaffermare il controllo statale, ma il percorso verso la stabilità è irto di ostacoli. Senza una riforma complessiva e un decreto vincolante del Consiglio presidenziale, il rischio di nuove crisi resta alto.
Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha tenuto a Roma una riunione con i vertici della Farnesina sulla crisi a Tripoli. L’ambasciata d’Italia a Tripoli è in contatto con tutti i connazionali presenti nella Capitale della Libia. A tutti, per ora, è stato indicato di non lasciare residenze o alberghi dove sono. In queste ore sarebbe in vigore un cessate il fuoco tra i gruppi militari che si sono scontrati nella notte. Né l’ambasciata d’Italia né gli alberghi sono stati coinvolti negli scontri, che sembrano essere stati diretti unicamente a colpire i vari gruppi armati. La priorità del governo italiano in queste ore è la sicurezza degli italiani, circa 90, presenti in Libia.
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