Il commento
Senza critica al sistema globale, la politica muore: le sinistre tornino a pensare con lucidità e coraggi
L’Europa che dobbiamo immaginare non può essere una costruzione astratta per burocrati senza volto. Rifiutare l’anti-americanismo ideologico è tanto necessario quanto difendere la nostra autonomia strategica

La sinistra ha smesso di pensare in termini di visione critica globale. Ha rinunciato alla propria funzione storica, consegnandosi senza resistenze al neoliberismo globale. È difficile immaginare una direzione del Partito Democratico più priva di consistenza teorica di quella attuale. Il partito appare incapace di tracciare una visione chiara, di offrire un’elaborazione culturale della sinistra o di definirne uno statuto teorico condiviso. Un partito che rivendica l’appartenenza al socialismo europeo, ma di socialista non conserva ormai neppure il linguaggio.
Senza una visione globale, non si fa politica: si amministra l’esistente, si rattoppano emergenze, si rincorrono mode. Dirsi “contro la guerra” mentre si accettano senza fiatare i diktat di chi paga la nostra difesa è solo ipocrisia. Proclamarsi “green” senza un piano serio di transizione ecologica è pura propaganda. E ormai persino sul nucleare siamo fermi agli slogan da comizio: “sì” o “no”, come se la complessità potesse essere archiviata con un tweet. Lo stesso schema si ripete sui grandi temi etici: eutanasia, energia, bioetica. Ovunque si preferiscono semplificazioni da talk show, incapaci di cogliere la trama intricata del nostro tempo.
Neppure l’ossessiva autocelebrazione dei “diritti” basta più. Se la sinistra si riduce ad abbracciare la cultura woke, tradendo i principi liberali fondamentali, allora la politica diventa un esercizio moralistico: sterile, paternalista, paralizzante. Il concetto stesso di individuo – pilastro della civiltà occidentale – è sotto attacco. O da integralismi religiosi, o da derive post-marxiste che vogliono rieducare l’uomo secondo schemi ideologici prefabbricati. Si demonizza l’individuo come egoista antisociale proprio mentre si invoca la “giustizia sociale”. Ma senza il pieno riconoscimento dell’autonomia soggettiva, libertà e democrazia evaporano. Essere laici, persino nichilisti, non significa rinunciare all’idea di una società più giusta, ma accettare il pluralismo delle soggettività e riconoscerne la mutevolezza, rifiutando ogni tentativo di irrigidire la vita entro modelli precostituiti. Una laicità adulta comprende che riconoscere le radici cristiane dell’Europa non è un atto di sottomissione, ma un esercizio di consapevolezza storica.
Noi siamo il frutto di una civiltà che ha generato la tecno-scienza, che ha plasmato il mondo moderno. Difendere l’Europa significa difendere il pensiero critico, la laicità, lo Stato di diritto – prima di ogni ideologia. Significa ripensare lo Stato sociale come un avanzamento di civiltà, non come un ferrovecchio da rottamare. L’Europa che dobbiamo immaginare non può essere una costruzione astratta per burocrati senza volto. Oggi rischia di ridursi a vassallo degli Stati Uniti. A Washington va riconosciuto il merito storico di aver garantito la nostra difesa, ma rinunciare a una politica autonoma sarebbe suicida. Rifiutare l’anti-americanismo ideologico è tanto necessario quanto difendere la nostra autonomia strategica. Finché la sinistra non tornerà a pensare il sistema globale con lucidità e coraggio, continuerà a morire. In silenzio.
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