Due conflitti, l’Europa è nel mezzo
Le sanzioni sull’Agrifood russo preoccupano agricoltori e consumatori europei: manca un piano B come con il gas di Putin

Era naturale che la pressione agli Usa, perché prenda una decisione sulle sanzioni da imporre alla Russia, giungesse dal governo tedesco. In coincidenza con la visita ieri, a Berlino, di Zelensky, il ministro degli esteri del governo Merz, Johann Wadephul, era Washington a colloquio con il segretario di stato Rubio. «La Germania intende battersi affinché anche gli Stati Uniti decidano di adottare sanzioni più severe verso Mosca», ha detto Wadephul.
Trump, però, continua a non esporsi. Sono tentennamenti che possono trovare giustificazione nel timore di creare un precedente di frizioni. Putin non dimentica e, in un secondo momento, uno sgarbo potrebbe essere non solo rinfacciato, ma creare degli ostacoli nei progetti del presidente Usa. Nella visione del tycoon, tutto è riconducibile al business. Anche la diplomazia. Gli eventuali interessi – suoi più che degli Usa – in ambito immobiliare e finanziario, una volta che davvero inizierà la ricostruzione post bellica, non dovranno avere pendenze.
D’altra parte, e questo rientra nella contraddizione del personaggio, Trump non si è fatto scrupoli ad aizzare Mosca. Quel «se non ci fossi stato io…», scritto su Truth, forse non ha il peso di un embargo, ma resta controproducente in questa fase di pre negoziati. Tant’è che il Cremlino, per replicargli, ha scelto il più violento dei suoi uomini. Medvedev ha sventolato la bandiera rossa della Terza guerra mondiale. Trump subisce e incassa. Suo unico vantaggio l’indolenza di Putin che, secondo indiscrezioni, sarebbe pronto a trattare. Sulla base di cosa non è dato saperlo.
Le esportazioni di grano russo poco redditizie
Meno pavida l’Europa. I nuovi dazi su prodotti agricoli e fertilizzanti russi e bielorussi, approvati dal parlamento Ue, hanno trovato la soddisfazione di Kyiv. Visto che è sempre più difficile fermare Putin con le armi – la Germania ce la sta mettendo tutta, ma trova scarso seguito tra i partner Ue – si può ancora prenderlo per la gola. Sempre ieri, su Telegram si leggeva che le esportazioni russe di grano all’inizio del 2025 avrebbero toccato il livello più basso degli ultimi otto anni. Stando all’Unione russa dei cereali, le scorte nel Sud del Paese sono scarse. Il grano è richiesto, ma gli agricoltori non hanno fretta di venderlo. Sullo sfondo del rafforzamento del rublo e dei bassi prezzi all’esportazione, sul mercato si è creata una situazione per cui le vendite di grano fuori dai confini non appaiono redditizie. Una situazione simile si sta creando in Bielorussia con le patate. L’agricoltura russa s’impoverisce, quindi decide di fare magazzino. Nel frattempo subisce le sanzioni europee.
Rischio autogol su sanzioni a fertilizzanti russi
C’è però un rischio corto circuito. Le buone intenzioni di Bruxelles – e le speculazioni di Mosca – possono avere delle ricadute sui consumatori e delle ripercussioni politiche nei singoli Stati membri. Meno fertilizzanti in Europa importati dalla Russia – leader mondiale del settore – vuol dire maggiori costi produttivi per le aziende agricole e ricarichi sul prezzo finale. In Italia, a lanciare l’allarme è Confagricoltura, che certo non si pone contro gli obiettivi generali della misura, ma sottolinea l’urgenza di integrare il provvedimento con misure correttive che tengano conto dell’attuale contesto economico, ambientale e produttivo. «Il rischio – spiega Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura – è che il settore primario, già piegato da calamità climatiche frequenti e rincari dei costi, si trovi nuovamente ad affrontare norme difficilmente applicabili, con effetti negativi sul piano sociale, ambientale ed economico». Le imprese percepiscono la mancanza di un Piano B. Com’è già successo con il Green Deal e le sanzioni al gas russo. Mancano una valutazione d’impatto e idee chiare sulle implicazioni di mercato.
La mancanza di un piano B dopo Green Deal e gas russo
Questo porta a rischi politici noti. Negli ultimi anni, gli agricoltori sono diventati un capace bacino elettorale delle forze nazional-populiste. Spesso più vicine alla Russia che alla difesa dell’Ucraina. Lo si è visto in Francia – dove peraltro i trattori sono tornati in strada – e in Polonia. L’Unione europea rischia di favorire Kyiv, giustamente, ma a danno dei suoi cittadini. Mossa improvvida. Tanto più che le alternative, come il digestato o altri fertilizzati prodotti in Ue, richiedono standard ambientali rigorosi e costosi. Mentre l’agricoltura di precisione – anch’essa cara e per molti aspetti in fase sperimentale – per assurdo è vincolata da un altro conflitto. Molta dell’agricoltura 4.0, infatti, ha una matrice israeliana. Ed è a rischio boicottaggio. Ne è un esempio il caso della Regione Puglia che, su pressione di Pd, Azione ed M5s, ha chiesto di interrompere ogni forma di collaborazione con i suoi partner dell’Israel Innovation Authority. Banale ma vero: due conflitti, l’Europa è nel mezzo.
© Riproduzione riservata