In breve
Resoconto non autorizzato della telefonata tra Trump e Putin
Con un pizzico di immaginazione ed ironia proviamo a ricostruire il colloquio telefonico tra ‘Vald’ e ‘Donald’

Ciao, Vlad.
–Privet, Donald.
–Vlad, l’opinione pubblica internazionale si aspetta molto dalla nostra telefonata. Mi devi dare qualcosa. La stampa dice che mi stai prendendo in giro. E io non posso tollerarlo.
–Tranquillo, Donald. Devi avere pazienza ancora per qualche settimana. Il tempo di completare il lavoro. Abbiamo riconquistato il Kursk col tuo aiuto. A proposito, ringrazia Elon per aver accecato le difese ucraine. A Istanbul, intanto, la mia delegazione sta giocando di fino. Qualche scambio di prigionieri come offa e tante chiacchiere.
–La pazienza comincio a perderla. Ora si è messo di mezzo il nuovo Papa, che credo abbia qualche simpatia per Zelensky. Un gran numero di cattolici mi ha votato, e io non posso mettere a rischio un bacino elettorale che fa gola ai democratici.
–Comprendo, Donald. Facciamo così: continuiamo per un po’ a menare il can per l’aia a Istanbul. Nel frattempo, le mie truppe continueranno ad avanzare nel Donbass e a tenere sotto pressione Kyiv con una pioggia di missili e droni. Tu mi garantisci il no al suo ingresso nella Nato insieme al riconoscimento della Crimea e delle oblast annesse come territori russi, e io mi dichiaro disponibile a un cessate il fuoco temporaneo.
–Vlad, mi chiedi molto. Ci posso anche riflettere, ma tu mi devi dare in cambio anche un accordo “fifty-fifty” sullo sfruttamento dei minerali e delle terre rare di cui sono ricche le regioni che hai conquistato.
–Ne possiamo discutere, Donald. È un punto che potremmo inserire in un Memorandum da consegnare a Zelensky come base dell’avvio di un formale negoziato di pace.
–Buona idea, ma Zelensky pretende impegni precisi sulla sicurezza futura del suo paese, e quei rompiballe di Macron, Merz e Starmer insistono per una cintura di sicurezza armata ai tuoi confini.
–Non ti preoccupare,
Donald. Abbiamo fottuto i nazi-ucraini nel 1994 col Memorandum di Budapest, quando gli abbiamo sfilato sotto la sedia il loro arsenale nucleare. Troverò un modo per fotterli una seconda volta, loro e gli europei.
–Che ne dici, Vlad, se scegliessimo Roma come sede di un negoziato sotto le ali del Vaticano?
–Escluso, Donald. Kirill andrebbe su tutte le furie, e io non posso permettermi di avere contro la Chiesa ortodossa. La sede la sceglieremo insieme, ma con Erdoğan mi trovo più a mio agio.
–Ok, Vlad. Sappi, comunque, che io un po’ di teatro sul tuo comportamento evasivo dovrò farlo, almeno per non perdere la faccia.
–No problem, Donald. Siamo uomini di mondo, no?
–Thank you very much, Vlad. Alla prossima sceneggiata.
–Spassiba, Donald. Il futuro è nostro.
© Riproduzione riservata