L'intervista al presidente della Regione Abruzzo
Marsilio: “Non boicotterò Israele e firmo l’appello del Riformista. Sinistra ambigua su Hamas, indifferente sugli ostaggi”

Si dissocia da Michele Emiliano e da Michele De Pascale, denuncia l’ambiguità della sinistra su Hamas, giura vicinanza solenne a Israele e assicura: «L’Abruzzo non si piegherà alla crociata contro lo Stato ebraico». Il presidente della Regione, Marco Marsilio, prende una posizione netta contro l’antisemitismo che spesso si nasconde dietro le pretestuose critiche al governo Netanyahu.
Presidente, alcuni suoi colleghi di sinistra vogliono boicottare Israele. Si è chiesto perché?
«Non mi sorprende nemmeno più di tanto, perché demonizzare Israele è un vecchio vizio della sinistra. Un pacifismo a senso unico. Come si suol dire, la strada dell’inferno è lastricata di buone intenzioni, quindi si fanno le marce della pace sempre in maniera unilaterale, perché i guerrafondai sarebbero sempre solo da un lato. Così si costruisce un panorama viziato».
Fa un certo effetto: proprio in questo momento, in cui torna a soffiare l’antisemitismo, bisognerebbe stare al fianco dello Stato ebraico…
«Io sono talmente convinto che non bisogna isolare Israele che ho accolto l’invito dell’ambasciatore Peled per andare a festeggiare a Roma, pochi giorni fa, il 77esimo anniversario della fondazione dello Stato di Israele. Ho trovato i miei amici della comunità ebraica molto provati dalla pressione mediatica, politica e morale che subiscono dopo l’attacco del 7 ottobre».
Quindi lei assicura che l’Abruzzo non si piegherà alla crociata contro Israele?
«Lo escludo. Io ho issato le bandiere di Israele dopo il Sabato Nero in omaggio e per solidarietà alle vittime, molte delle quali sono ancora nelle mani di Hamas. Non vedo molta attenzione, non vedo persone sinceramente indignate per il destino di decine di ostaggi. Persone che stavano vivendo la loro semplice quotidianità sono state improvvisamente rapite, stuprate, violentate, torturate, uccise, seviziate. Molte sono state portate via e da un anno e mezzo sono chiuse nei tunnel, ridotte a uno scheletro. Ma mi faccio una domanda».
Ovvero?
«Perché la comunità internazionale non fa pressioni sull’Egitto affinché apra il confine di Rafah? Certo, esprimo la mia piena compassione per la popolazione civile che sta subendo questa tremenda guerra, ma la tragica condizione nella Striscia è dovuta ad Hamas. Perché vengono bombardati gli ospedali? Perché da lì partono i missili, si nascondono i combattenti, sparano. E poi c’è un enorme paradosso».
Mi dica.
«Molti accusano l’Ucraina di resistere troppo all’aggressione della Russia perché non può vincere in quanto i russi sono troppo forti. Mi pare che anche tra Israele e Hamas, sul campo militare, non ci siano dubbi su chi abbia le carte per vincere la guerra. Eppure nessuno chiede ad Hamas di smetterla di combattere. Per Israele, invece, smettere di combattere significherebbe accettare che una formazione terroristica torni ad armarsi e continui a ricevere miliardi di finanziamenti esterni per fare i tunnel, per fortificare i bunker e per comprare i missili».
La sinistra si è spaccata perfino sulla piazza per Gaza. C’è chi fa fatica a condannare Hamas…
«Spero che prima o poi scatti una presa di coscienza per isolare i terroristi, che invece continuano ad avere troppo seguito: c’è troppa reticenza nel condannarli. Per le comunità islamiche in Italia, il problema è Israele cattivo, che occupa e impedisce la libertà della Palestina. Le manifestazioni che si faranno in questi giorni a favore di Gaza incoraggiano quel tipo di mentalità, per cui sarebbe in atto una guerra ingiusta condotta da uno Stato occupante. E così la resistenza di Hamas non solo è lecita, ma è addirittura benedetta. Io non parteciperò a questi cortei, non mi metto in questa schiera».
C’è chi insegue il sogno di isolare Israele. Ma Israele non è solo: in poche ore, il manifesto del Riformista ha incassato migliaia di adesioni…
«Mi fa piacere che ci sia un riscontro positivo e importante. Condivido l’appello e lo firmo. C’è un fortissimo spostamento dell’opinione pubblica: sembra che i bambini di Gaza siano gli unici del mondo a soffrire, e che la responsabilità della loro sofferenza sia tutta in capo a Netanyahu. Poi è facile criminalizzare Israele, non soltanto per un antico tic antisemita ma anche perché c’è una componente politica: se Netanyahu fosse stato un leader progressista, non avremmo visto Schlein dannarsi tanto l’anima».
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