«Io e mia sorella eravamo nascoste sotto il nostro letto, ma poi lei si è alzata ad aiutare mio padre. Se non l’avessi lasciata andare, sarebbe ancora viva… Ci hanno detto: “Aprite la porta o spariamo”. Noi non l’abbiamo lasciata e loro hanno sparato. L’ho vista cadere per terra e cominciare a sanguinare dal collo. Ci hanno portato in cucina, hanno detto a nostro padre: “Vieni con noi”. Io ho chiesto: “Per favore, non prendetelo”. Mi hanno detto: “Se ti muovi, muori”. L’hanno preso». «Quando sono entrato a Gaza sulla moto di un terrorista c’erano moltissime persone che picchiavano chi era stato rapito: erano civili che ci aggredivano, ci aspettavano. Durante la prigionia (durata 52 giorni, molti dei quali passati in isolamento, ndr), mangiavo solo una pita al giorno e un cetriolo. Mi hanno mostrato i filmati in cui uccidevano la gente il 7 ottobre: erano felici mentre lo facevano. Non potevo distogliere lo sguardo, non me lo avrebbero permesso. Ma ho visto cose terribili anche dal vivo, sono sempre nella mia mente».

Sono parole agghiaccianti quelle che Yael Idan (11 anni all’epoca dei massacri del Sabato Nero nel sud di Israele) ed Eitan Yahalomi (12 anni) pronunciano nel documentario uscito a fine aprile su Paramount+ intitolato The Children of October 7, girato dal regista Asaf Becker con protagonista la star dei social Montana Tucker mentre intervista, a un anno di distanza, alcuni bambini israeliani sopravvissuti ai massacri nei kibbutzim al confine con Gaza. Oltre a quelle di Yael ed Eitan, ci sono anche la storia di Rotem Mathias, 16 anni, che si è salvato nascondendosi sotto il corpo della madre; di Alona e Yella Rousso, il cui padre, Uri, è stato ucciso mentre difendeva il kibbutz; di Amit Cohen, che descrive come il proiettile che ha attraversato la gamba di suo padre ha colpito il suo cane; di Ella Shani, che ha visto uccidere il padre.

Della storia di Yael Idan il mondo ha visto anche le terribili immagini: i terroristi, una volta entrati in casa loro e aver ucciso la sorella, hanno iniziato una diretta su Facebook, in cui li si vede ancora sdraiati per terra in cucina, terrorizzati e continuamente minacciati dalle armi e dalle urla degli aguzzini. Si saprà poi che il padre Tzachi è morto mentre era ostaggio, e il suo corpo è stato restituito durante uno scambio di prigionieri il 27 febbraio. Sono adolescenti o poco più che bambini, che hanno assistito e vissuto sulla propria pelle qualcosa di inimmaginabile, di un’atrocità indescrivibile: hanno visto morire propri familiari, sono stati presi in ostaggio, hanno subìto torture. E da allora cercano di vivere con questi terribili traumi. Si pensi che dei 1.200 israeliani uccisi, 37 erano infanti; tra quelli sopravvissuti, almeno 100 hanno perso un genitore; più di 35 sono stati rapiti e portati a Gaza; in centinaia sono stati feriti e migliaia sfollati dalle loro case.

Ora questo documentario dà finalmente voce a questi giovani spezzati. Uscito su Mtv, Paramount+ e su Prime Video negli Usa, arriverà anche sulla piattaforma Amazon in Europa quest’anno, anche se ancora non è nota la data ufficiale. Con quasi 14 milioni di follower su varie piattaforme, Montana Tucker, nipote di sopravvissuti alla Shoah, è oggi una delle principali voci pro-Israele nell’industria dell’intrattenimento americana.

Dopo il 7 ottobre ha utilizzato la sua popolarità sui social per sensibilizzare il mondo sulla situazione degli ostaggi, ottenendo un grande riconoscimento internazionale. The Children of October 7 è stato girato per diversi mesi in Israele, durante i quali la produzione ha assunto uno psicologo sul set per assicurarsi che tutto procedesse senza intoppi. «È stato sicuramente molto duro per tutti – ha detto Tucker – Ma ogni volta in cui stavo per crollare guardavo questi bambini negli occhi e capivo che se erano stati in grado di raccontare la loro testimonianza restando forti, allora avrei dovuto esserlo io per loro. Sono ragazzi incredibili, e tutto ciò che vogliono è la pace e un futuro per loro stessi».

Ilaria Myr

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