Ci preoccupiamo della decisione del Presidente degli Stati Uniti Donald Trump di mettere nuovi dazi sui prodotti e non ci rendiamo conto che una simile scelta crea un danno pesantissimo sui processi legati al trasporto ed alla logistica; un danno che anche se ci fosse un immediato ravvedimento da parte di Trump non sarebbe superabile o ridimensionabile in poco tempo. Per capire quindi quanto sia rilevante il danno e quanto sia addirittura possibile una sua irreversibilità penso sia utile capire davvero cosa sia la supply chain. La Supply chain è un insieme di processi che è finalizzato a portare sul mercato un prodotto o servizio, trasferendolo dal fornitore fino al cliente.

L’approvvigionamento riguarda tutti quei processi che fanno sì che le materie prime raggiungano gli impianti di produzione; la produzione è l’attività di trasformazione delle materie ottenute. In questa fase è centrale il concetto di lean production; la distribuzione comprende tutte le operazioni di magazzino e logistica; nella vendita i beni vengono resi disponibili ai consumatori per l’acquisto. Un concetto affine è quello di value chain, ossia catena del valore. Il valore di un prodotto dipende da quanti anelli della catena esso attraversa prima di giungere alla vendita: più anelli della catena attraversa, più valore esso accumula. (Questo concetto è utile per capire il danno provocato dalla decisone di aumentare i dazi). Grazie all’utilizzo di questi metodi, la supply chain punta non solo a ottimizzare l’efficienza dei processi, ma anche a migliorare l’esperienza per il cliente finale.

La digitalizzazione, infatti, ha permesso alle aziende di andare incontro alle nuove esigenze e alle aspettative dei consumatori; i software di analisi e i meccanismi di automazione consentono di prevenire gli errori, velocizzare i tempi di consegna e ottimizzare le comunicazioni tra cliente e fornitore (attraverso, per esempio, la tracciabilità dell’ordine). È utile, infine, ricordare che la supply chain riguarda tutte le fasi che un prodotto attraversa dalla sua produzione alla vendita, mentre la logistica è una parte della supply chain che riguarda nello specifico i servizi di trasporto che consentono lo spostamento del prodotto da un anello all’altro della catena. Pertanto, la logistica è una parte fondamentale della catena di approvvigionamento che permette la gestione strategica dei flussi di merci in modo che questi ultimi si trovino nel posto giusto al momento giusto rispetto alle necessità aziendali. Ed allora modificare in modo immotivato ed imprevisto il valore di un prodotto sui mercati significa generare automaticamente una rivoluzione concettuale ed organizzativa dei processi di stoccaggio, dei processi di distribuzione e dei processi di vendita.

Significa, in realtà: mettere subito in crisi tutti gli operatori del settore; generare immediati processi di rivisitazione integrale delle filiere logistiche e merceologiche; produrre inimmaginabili abbandoni dal comparto anche di aziende strutturate. E, come detto prima, questo danno è immediato e rimane a lungo nel tempo anche se dovesse esserci un repentino ripensamento. Sono quindi curioso di conoscere la stima del danno che sicuramente il mondo degli operatori del vasto comparto del traporto e della logistica sta già stimando e sono sicuro che tale comparto è convinto dell’immediato effetto negativo della scelta del Presidente Trump. Posso solo anticipare un primo valore e sono sicuro che trattasi di una previsione in difetto: a mio avviso il valore dell’effetto annuncio sta provocando nell’intero “sistema Italia” una perdita di 25 – 30 miliardi di euro. Per motivare in parte una simile previsione ricordo che il mondo della produzione e quella della distribuzione stanno in queste ore modificando tutte le varie e complesse supply chain.

Senza dubbio ha ragione la Presidente Meloni quando dichiara che non bisogna assolutamente cadere nel panico e forse, per gestire una simile emergenza, sarebbe opportuno costruire un apposito Fondo comunitario mirato a contenere questa grave ed imprevedibile crisi.