Prima ancora di arrivare al Salone del Libro di Torino, dove mi sono recato il 15 maggio per presentare il mio libro La cultura dell’odio. Media, università e artisti contro Israele (Edizioni Lindau), nel quale racconto le origini e la presenza dell’odio nei confronti d’Israele nel mondo della cultura prima e dopo il 7 ottobre, sapevo già che la situazione presentava i segnali di potenziali disordini. Pochi giorni prima, era apparso su Instagram un comunicato, pubblicato dal collettivo “Intifada Studentesca Torino”, che annunciava la decisione di indire una protesta per impedirmi di presentare il libro.
Pochi giorni dopo l’annuncio della manifestazione, i due relatori che avrebbero dovuto affiancarmi durante l’evento (il presidente della Comunità ebraica di Torino Dario Disegni e lo storico Claudio Vercelli) hanno deciso di non venire a causa dei potenziali rischi per la sicurezza, specialmente dopo che è stato sentito il parere della Digos. In ogni caso, la presentazione si è tenuta comunque, grazie alla moderazione del direttore della Lindau Ezio Quarantelli e alle forze dell’ordine che hanno impedito alla maggior parte dei manifestanti di entrare e rovinare l’evento.

Tuttavia, quello che è successo, assieme all’attacco squadrista che hanno subìto le associazioni che nelle stesse ore discutevano al Campus Luigi Einaudi dell’Università di Torino (nell’incontro Il manifesto nazionale per il diritto allo studio – per l’università come luogo di dialogo, di democrazia e di contrasto all’antisemitismo), non ha fatto altro che confermare le tesi che ho cercato di esporre nel mio libro. Dopo le stragi compiute da Hamas il 7 ottobre 2023 e il successivo scoppio della guerra a Gaza, un odio che in precedenza molti cercavano di nascondere è esploso in tutta la sua brutalità. E un ruolo cruciale nella diffusione di questo odio lo hanno giocato giornalisti, accademici, artisti e influencer che – per ideologia o per opportunismo – hanno legittimato le discriminazioni nei confronti di ebrei, israeliani e più in generale di tutti coloro che si sentono legati a Israele.

Sia l’episodio avvenuto al Salone che quello all’università sono solo alcuni tra gli esempi più recenti di un fenomeno più grande. Negli atenei italiani erano già avvenuti episodi in cui eventi con relatori filoisraeliani erano stati annullati o sabotati da parte di manifestanti filopalestinesi: basti pensare alle contestazioni subite nel marzo 2024 da David Parenzo all’Università La Sapienza di Roma, così come a quelle contro Maurizio Molinari nello stesso periodo all’Università di Napoli Federico II.

Quando un autore cerca di spiegare le ragioni d’Israele, deve essere scortato per poter esprimere liberamente le proprie opinioni: una settimana dopo il Salone del Libro di Torino, ho presentato La cultura dell’odio anche a Vercelli, nella sede della Comunità ebraica, dove per garantire la sicurezza dell’evento è stata necessaria la presenza di una mezza dozzina di agenti tra polizia, Digos e carabinieri. Purtroppo questo è quello che succede nel 2025 in Italia, dove sono tornati alla luce del sole quelle ostilità e quei pregiudizi che prima del 7 ottobre ci si era illusi che fossero stati consegnati alla storia.

Nathan Greppi

Autore