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La retorica di Trump, dai dazi all’immigrazione: dati falsi e cambi di rotta dividono gli elettori

La sera del 4 maggio è andata in onda un’intervista a Donald Trump sulla NBC, ripetutamente chiamata “fake news network”. Diversi sono stati i punti interessanti. Nelle prime battute dell’intervista, Trump ha subito virato sul tema dell’immigrazione, unico argomento su cui i suoi approval rating sono positivi, attaccando i giudici, anche della Corte Suprema, che starebbero ostacolando lo storico mandato ottenuto alle elezioni.
Sul tema, si è parlato anche del caso di Kilmar Abrego Garcia, cittadino salvadoregno che, nonostante un tribunale avesse emesso un ordine di protezione dall’espulsione, è stato trasferito nel carcere di massima sicurezza a El Salvador sulla base di accuse molto vaghe che lo avrebbero ritratto come membro della gang MS-13. La Corte Suprema, a maggioranza conservatrice, ha preso posizione sul tema, invitando il Governo degli Stati Uniti a fare il possibile per riportare Abrego Garcia nel Paese al fine di ottenere un giusto processo. Qui Trump ha girato confusamente attorno alla domanda, segnalando comunque che, se si dovesse rispettare il diritto a un giusto processo per tutti, non si potrebbero rispettare le promesse sull’immigrazione.
Un’altra parte rilevante della discussione ha riguardato i dazi. Trump ha dichiarato che l’economia cinese è vicina al collasso. Tuttavia, i dati più recenti mostrano una crescita del +5,2% per la Cina nel primo trimestre del 2025, a fronte di un -0,3% per gli Stati Uniti. Tecnicamente si direbbe “gaslighting”: ripetere delle falsità portando l’interlocutore (o uno spettatore in questo caso) a credere che la propria memoria di un fatto sia errata. Poi, in un momento quasi surreale, il miliardario Donald Trump ha detto che le bambine americane non hanno bisogno di avere trenta bambole, ma due o tre basteranno, anche al costo di pagarle qualche dollaro in più pur di aiutare il proprio Paese, ammettendo implicitamente che i dazi ridurranno la domanda aggregata e che porterà a un aumento del livello dei prezzi.
L’invito alla parsimonia e a sacrificare i propri consumi rappresenta una definitiva dimostrazione della cosiddetta “horseshoe theory”, l’idea secondo cui, quando ci si sposta troppo a destra su un tema, prima o poi si arriverà a sostenere idee di estrema sinistra. Oltre a questo passaggio, Trump ha tenuto duramente la sua linea: sarebbero i Paesi stranieri e le imprese ad assorbire il costo dei dazi, in una visione in cui il Governo incasserebbe senza alzare i prezzi per i consumatori. Una visione illusoria, facilmente confutabile da uno studente di economia al primo o secondo anno, spiegando il concetto di traslazione d’imposta sul consumatore finale.
Nelle fasi finali dell’intervista si è parlato delle elezioni canadesi, dove Trump ha dichiarato di essersi congratulato con Mark Carney, vincitore delle elezioni della scorsa settimana, pur continuando a sostenere che il Canada dovrebbe diventare il cinquantunesimo stato. Questo porterebbe gli Stati Uniti a risparmiare i presunti 200 miliardi di “sussidi” ai cugini canadesi. Ma è una cifra di cui pochi hanno compreso il significato reale, dato che il deficit commerciale con il Canada è di molto inferiore. Nelle ultime battute, la discussione è virata sulle elezioni del 2028. Trump ha affermato che, nonostante avrebbe la possibilità di farlo, con tutta probabilità non si candiderà tra tre anni e mezzo e che i due nomi principali, ad oggi, sarebbero il vicepresidente JD Vance e Marco Rubio. Sul Segretario di Stato, il Tycoon si è contraddetto nell’arco di pochi secondi, prima dichiarando che la sua nomina a consigliere per la sicurezza nazionale sia soltanto un passaggio momentaneo, e qualche istante dopo sostenendo che invece potrebbe essere una nomina permanente.
L’intervista riflette lo stile politico e comunicativo al quale ci siamo abituati negli ultimi mesi: una narrazione farcita di dati falsi o quantomeno fuorvianti, carica di retorica martellante, con pochi punti, come l’immigrazione o i dazi, ripetuti incessantemente. Questa strategia, però, qualora i piani non dovessero funzionare, potrebbe distruggere la fiducia degli elettori che avevano chiesto un cambiamento forte e dirompente, ma non in peggio. Se questa è l’ondata di cambiamento, agli elettori non resterà che imparare a nuotare controcorrente per salvarsi.
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