I giorni del nuovo Papa
Il nuovo Papa e la politica estera: quell’accordo con la Cina che ha visto protagonista Parolin

Chiuse le porte della Cappella Sistina, i cardinali dovranno scegliere colui che guiderà la Chiesa cattolica dopo Papa Francesco. Una scelta in cui uno dei tanti punti interrogativi sarà anche quello della politica estera del futuro pontefice. Perché se la Santa Sede non è una superpotenza militare, di certo lo è dal punto di vista religioso, culturale e politico. E la sua rete diplomatica rende il Vaticano un interlocutore privilegiato di qualsiasi governo. Consapevoli che dopo la “fumata bianca” ci sarà un nuovo leader a capo di una Chiesa seguita da più di un miliardo e quattrocento milioni di fedeli in tutto il pianeta.
La nuova direzione
La direzione intrapresa dal prossimo Papa e della sua Santa Sede sarà ancora più decisiva in un periodo in cui la sfida tra Occidente e Oriente è sempre più acuta. E se il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha fatto capire di guardare con interesse a quello che accade nei Sacri Palazzi, anche il leader cinese Xi Jinping – pure con il gelo che ha accolto la notizia della morte di Francesco – cerca di capire cosa aspettarsi da Oltretevere. Anzi, paradossalmente, proprio la potenza più lontana dal Vaticano, governata dal Partito comunista, e in lotta con Taiwan che è riconosciuta come Stato dalla Santa Sede, sembra essere uno dei convitati di pietra di questo Conclave. Tanto da essere in parte decisiva.
Il precedente di Francesco
Francesco, infatti, ha sempre messo nel mirino la Cina. Erede della tradizione gesuita, sempre proiettato verso l’Oriente, e figlio dell’Argentina peronista profondamente critica verso l’Occidente, Jorge Mario Bergoglio ha cercato in ogni modo di avvicinare Roma con Pechino. Una sorta di traduzione religiosa del “pivot to Asia” di Washington, con cardinali nominati ai confini della Cina, in territori popolosi e dinamici, ma con minoranze di cattolici molto esigue, e tentativi di avvicinamento verso la Repubblica popolare. La sua, per certi versi, è stata una rivoluzione interrotta. Perché non c’è stato il viaggio in Cina, non c’è stato l’incontro con Xi e non ci sono state clamorose aperture. Tuttavia, un passaggio di questa strategia diplomatica c’è ed è rimasto: l’accordo segreto tra Repubblica popolare e Vaticano. E quell’accordo, che ha visto anche l’inevitabile ruolo del cardinale Pietro Parolin in qualità di Segretario di Stato, è diventato uno dei principali temi del contendere nei giorni di avvicinamento al Conclave.
Il patto
Il patto (da poco rinnovato) fa sì che il Partito comunista si coordini con il Vaticano per la nomina dei vescovi. Una scelta che, per i sostenitori, è stata l’unico modo per frenare la repressione della Chiesa da parte della Repubblica popolare. Ma per i critici è stato invece un tradimento nei riguardi di quei fedeli che in questi decenni hanno resistito, anche pagando un prezzo enorme sulla propria pelle. La spaccatura su questo accordo è raffigurata soprattutto dai moniti del cardinale e vescovo emerito di Hong Kong, Joseph Zen Ze-kiun. Strenuo oppositore del Partito comunista, incarcerato, rimesso in libertà su cauzione e con Pechino che controlla ogni suo movimento, Zen ha sempre incarnato la linea dell’intransigenza rispetto al pragmatismo di Bergoglio e Parolin.
La partita
Due modi diversi di gestire il problema. Ma due modi che ora rappresentano anche una sfida. Zen non potrà essere in Conclave per sopraggiunti limiti di età. Ma la sua presenza a Roma e la sua voce hanno un peso. Come un peso lo hanno anche quei blocchi (in particolare quello nordamericano) che non amano l’idea di una Chiesa che scenda a compromessi con Xi e il suo Politburo. Una partita importante, forse non decisiva, ma che conterà in queste ore, soprattutto per chi punta sull’elezione di Parolin. Lo stesso Financial Times, in questi giorni, si è soffermato su quanto possa incidere quell’accordo sulle possibilità dell’ex Segretario di Stato. E se per molti è una prova di diplomazia e di capacità di gestire un dossier così delicato, per altri rischia di essere anche una condanna.
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