L’attacco con i droni da parte delle forze ribelli alla capitale provvisoria di Port Sudan, scrive un nuovo tragico capitolo nella guerra civile sudanese che continua da due anni. Le Forze di Supporto Rapido, i paramilitari guidati dal generale Mohamed Hamdan Dagalo, detto Hemeti, hanno bersagliato il principale hub marittimo del paese africano con una serie di attacchi improvvisi. E’ la prima volta che questi miliziani attaccano Port Sudan che dall’inizio del conflitto è sempre rimasta saldamente nelle mani dei governativi.

Questo attacco inatteso ha preso di mira l’aeroporto della città, un deposito merci ed alcune infrastrutture periferiche, ma ha dimostrato la vulnerabilità dell’area. La base aerea di Osman Digna è stato l’obiettivo primario, cercando di colpire i velivoli dell’aviazione sudanese di stanza in questa base. Un deposito di munizioni è saltato in area, ma dalle prima notizie non sembrerebbero esserci vittime. Tutti i voli sia civili che militari per Port Sudan sono stati sospesi fino a quando non sarà chiara la capacità di colpire delle Forze di Supporto Rapido. Un aereo decollato da Dubai non è riuscito ad atterrare perché tutta la zona era sotto attacco ed è stato dirottato verso Jeddah, in Arabia Saudita.

Negli ultimi mesi, i seguaci di Dagalo hanno preso di mira centrali elettriche situate in località controllate dall’esercito nel Sudan centrale e settentrionale, ma gli attacchi non hanno causato gravi perdite di vite umane né fra i civili né fra i militari. Questo attacco portato con i droni segna invece una possibile escalation nel conflitto, ampliando la capacità di colpire dei ribelli. Tutta la zona costiera era stata risparmiata dagli attacchi e qui hanno trovato rifugio diverse centinaia di migliaia di profughi sudanesi. L’esercito ha risposto rafforzando il suo dispiegamento attorno alle strutture vitali di Port Sudan e chiudendo le strade che conducono al palazzo presidenziale e al comando dell’esercito.

Questo attacco rimette in discussione la vittoria dell’esercito regolare comandato dal generale Abdel-Fattah al-Burhan che a marzo aveva riconquistato la maggior parte della capitale Khartoum, anche se le Rsf mantengono il controllo di alcuni quartieri della città gemella Omdurman, al di la del Nilo che divide in due la capitale. Nel Darfur invece non si ferma l’assedio al capoluogo regionale al Fasher, l’unica città ancora sotto controllo dei governativi che non sembrano in grado di lanciare la controffensiva annunciata la settimana scorsa per riconquistare il Darfur, che resta saldamente in mano ai miliziani di Hemeti. I droni arrivati alle Forze di Supporto Rapido potrebbero essere stati forniti nei mesi scorsi dall’intelligence ucraina che aveva cercato di avere un ruolo nella guerra civile sudanese soprattutto in funzione anti-russa che qui ha ottenuto uno sbocco sul Mar Rosso prendendo in gestione un molo a Port Sudan e spostando qui una parte della flotta del Mediterraneo che dopo il crollo del regime di Assad in Siria si è divisa fra la Libia ed il Sudan.

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Matteo Giusti, giornalista professionista, africanista e scrittore, collabora con Limes, Domino, Panorama, Il Manifesto, Il Corriere del Ticino e la Rai. Ha maturato una grande conoscenza del continente africano che ha visitato ed analizzato molte volte, anche grazie a contatti con la popolazione locale. Ha pubblicato nel 2021 il libro L’Omicidio Attanasio, morte di una ambasciatore e nel 2022 La Loro Africa, le nuove potenze contro la vecchia Europa entrambi editi da Castelvecchi