La Commissione europea lancia una nuova indagine anti-sovvenzioni sui fornitori cinesi di turbine eoliche. L’annuncio viene dalla commissaria europea per la Concorrenza, Margrethe Vestager, che ne ha parlato ieri nel suo discorso a Princeton, negli Stati Uniti. “Stiamo indagando sulle condizioni per lo sviluppo di parchi eolici in Spagna, Grecia, Francia, Romania e Bulgaria”, spiega Vestager. Non è una novità assoluta. “Già nell’ottobre dello scorso anno, la Commissione Ue ha avviato un’inchiesta antisovvenzioni sulle importazioni di veicoli elettrici dalla Cina. Se dovessimo stabilire che queste auto elettriche sono state sovvenzionate illegalmente, imporremmo dei rimedi”, spiega la commissaria. La Commissione ha indagato inoltre “su offerte sospette in una gara d’appalto pubblica per i treni, in Bulgaria, che ha portato al ritiro di un’azienda statale cinese”. Vestager ricorda che la settimana scorsa Bruxelles ha avviato indagini “su aziende cinesi che potrebbero essere state indebitamente avvantaggiate in una gara d’appalto pubblica per pannelli solari, in Romania”. Per la commissaria Ue “non possiamo permetterci che ciò che è successo per i pannelli solari si ripeta per i veicoli elettrici, l’eolico o i chip essenziali”. L’Unione si prepara così a sfruttare appieno gli strumenti legali a sua disposizione per difendere i propri interessi industriali.

Il caso della Cina

Nel 2020 la Cina ha superato l’Ue diventando il più grande produttore di impianti eolici e ora rappresenta oltre la metà delle turbine eoliche in funzione a livello mondiale. Pechino cerca di affermarsi come leader globale proprio nella tecnologia pulita su cui l’Ue farà affidamento per realizzare la sua transizione green. Così, mentre la Cina cresce nello scenario globale sia come concorrente economico sia come rivale sistemico, l’Unione non può permettersi di vedere il dominio del colosso asiatico nei pannelli solari ripetersi in altri campi cruciali, come l’energia eolica, i veicoli elettrici e i semiconduttori.
L’indagine comunitaria si baserà su un nuovo strumento, il Foreign Subsidies Regulation, ovvero il Regolamento sui sussidi esteri, già utilizzato in passato contro il Crrc Group, la holding cinese dei treni statali, costretta al ritiro da una gara d’appalto in Bulgaria il mese scorso dopo che la sua offerta – alla metà del prezzo dei suoi rivali – era finita sotto la lente d’ingrandimento della Commissione.

Dal 2018 il rapido sviluppo della Cina nella produzione di energie rinnovabili, settore dove l’Europa era un tempo leader, ha inflitto perdite per miliardi ai principali attori europei nel settore dell’energia eolica – tra questi la danese Vestas e la tedesca Siemens Gamesa – obbligandoli a drastici tagli dei costi. Secondo i dati del Global Wind Energy Council con sede a Bruxelles, nell’arco di quattro anni, la quota di mercato della Cina in termini di installazioni mondiali è aumentata dal 37% a oltre il 55% nel 2022. Al contrario, la quota di mercato delle aziende europee è scesa dal 55% al 42% nello stesso periodo, capovolgendo i rapporti di forza. Esiste un rischio concreto che l’espansione dell’energia eolica avvenga in Cina, non in Europa, proprio perché nel mercato dell’energia verde la concorrenza è ormai drogata. “Il complesso eolico cinese è un beneficiario di sussidi diretti e indiretti lungo tutta la catena del valore”, assicura Joseph Webster del Global Energy Center dell’Atlantic Council. Secondo Webster, lo stato cinese “concede generosi sussidi ai suoi attori industriali, sia direttamente nel settore eolico che in settori complementari, come l’acciaio e la costruzione navale” essenziali per l’installazione di turbine eoliche.

Del resto, il governo di Pechino lavora per fronteggiare una grave crisi economica: ispirato alla rigida logica pianificatoria dello statalismo postcomunista in salsa confuciana, cerca di alimentare la debole domanda interna con pesanti sussidi pubblici che alterano totalmente le logiche del mercato.

Addio collaborazione pacifica

Così, la vecchia idea europea della collaborazione pacifica attraverso il mercato, dopo essersi infranta contro il muro del revanscismo espansionista russo, impatta ora contro la sfrontata protervia della Cina. È il caso dei produttori europei di energia solare dell’Ue che da mesi lanciano allarmi temendo di essere definitivamente travolti e cancellati dal dominio quasi totale della Cina sulle linee di fornitura globali. Un dominio manifestato da un eccesso di offerta di pannelli solari a basso costo all’interno del mercato europeo che ha completamente stravolto le regole della concorrenza. Proprio in queste settimane le aziende cominciano a licenziare i circa 4mila lavoratori qualificati del settore. La strategia odierna sulle turbine eoliche è identica, ma questa volta sembra che la Commissione voglia finalmente evitare l’errore commesso negli ultimi dieci anni nei quali ha lasciato a Pechino troppo campo libero. Lo stesso motivo per cui Bruxelles ha finalmente deciso di fare luce sui sussidi statali che drogano la competitività dei veicoli elettrici fabbricati in Cina, proprio mentre il ministro del Commercio cinese Wang Wentao, in visita lunedì scorso a Parigi, assicurava contro ogni evidenza che “il rapido sviluppo delle aziende cinesi di veicoli elettrici non dipende dal vantaggio competitivo grazie ai sussidi, ma da un’innovazione tecnologica sostenuta da catene industriali e di fornitura complete e da una piena concorrenza sul mercato”. La settimana scorsa, nel corso della sua visita alla comunità imprenditoriale americana riunita a Guangzhou, anche Janet Yellen, segretario al Tesoro Usa, ha avvertito che il sostegno pubblico diretto e indiretto della Cina “sta attualmente portando a una capacità produttiva che supera significativamente la domanda interna, nonché ciò che il mercato globale può sopportare”. Un grave rischio per l’assetto delle relazioni economiche globali.

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