Il profilo
Chi è Gheorghe Simion, l’Orbán romeno. Se la sua vittoria annunciata è un problema per l’Europa

Vittoria annunciata, e problema per l’Europa, l’affermazione al primo turno per la presidenza della Romania di Gheorghe Simion, leader del partito nazionalista AUR. Giovane attivista per la riunificazione della Moldova alla Romania, Simion (classe 1986) emerge come un giovane Orbán alla romena al tempo della guerra d’Ucraina. Fondatore con Claudiu Tarziu, giornalista conservatore con posizioni ultraortodosse e anti-omossessuali, dell’Alleanza per l’Unione dei Romeni, un partito che alla vigilia delle elezioni amministrative del 2020 – ma anche della crisi pandemica – avrebbe caratterizzato la propria pratica politica con posizioni no vax/no mask, tipiche di formazioni populiste in Europa.
Il percorso
Come arriva, però, un candidato per l’unione della Moldova alla Romania a diventare “il” candidato filorusso dell’orizzonte romeno? È un po’ la storia del primo e del secondo Orbán: leader di un partito di “giovani liberali”, che emerge come un anticomunista (e quindi anti-russo), con posizioni nazionaliste per la memoria della repressione sovietica (e dunque russa) nella rivoluzione del 1956, che però cerca un protagonismo “sovranista” contro gli immigrati e a favore delle proprie minoranze oltre frontiera. Per gli ambienti nazionalisti romeni avviene qualcosa di analogo: in presenza di poteri “corrotti” che appaiono “contro” il popolo e le comunità romene, in patria e all’estero, la visione storica anticomunista particolarmente sentita per la questione della Repubblica Moldova (dove George Simion è stato nell’ultimo decennio dichiarato persona non grata, da cui è stato espulso come “minaccia alla sicurezza e all’integrità della Moldova”) lo ha in primis marcato come un nazionalista sicuramente non amico di Mosca.
Le posizioni
Eppure – come già per Budapest – anche per Bucarest la problematicità delle minoranze romene in Ucraina lo ha segnalato come un “critico” delle politiche in merito di Kiev, al punto da ricevere nel novembre 2024 l’interdizione di ingresso nel paese per tre anni. È un nazionalismo di base, che oltre a raccogliere eredità nazionalistiche importante per la storia politica romena (quella del Partito della Grande Romania con la figlia del “grande” leader Vadim Tudor, quella di ambienti della nostalgia “legionaria” ultraortodossa del periodo interbellico, della Chiesa ortodossa e dei valori della famiglia tradizionale) evidenzia sempre di più la pragmaticità del trumpismo del XXI secolo, capace di passare dal Putin “criminale di guerra” della primavera 2022 a posizioni attualmente “trumpiane” di realismo politico per la ricerca della fine del conflitto in atto.
La campagna vincente
Come già il candidato indipendente Calin Georgescu, vicino all’AUR di Simion e reale “candidato” filorusso per la tornata presidenziale nello scorso autunno (apprezzato pubblicamente da Sputnik e ambiente filorussi), l’uso massiccio dei social e delle nuove tecnologie ha permesso di portare avanti una campagna elettorale vincente anche in ambienti tradizionalmente filo-europei, come la diaspora, e di mobilitare il voto all’estero e dei tanti giovani che non sempre partecipano alle votazioni politiche. La vera scommessa per l’Unione Europea e i suoi stati membri, è poter realizzare processi elettorali liberi e corretti, senza annullamenti postumi o censure previe, che allontanano sempre di più gli elettori dalla fiducia nelle istituzioni nazionali ed europee. Il rischio, altrimenti, è nutrire piccoli Trump in grembo di paesi forse con qualche fragilità in più ma a pieno titolo membri dell’Unione Europea e della Nato, elementi strategici della sicurezza euro-atlantica in Europa orientale.
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