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Il patriarcato non esiste

Avvocato e Presidente "Consiglio per la Parità di Genere"
Foto Stefano Porta/LaPresse
Foto Stefano Porta/LaPresse

Parto dalla fine: è notizia di queste ore che Igor Sollai, marito di Francesca Deidda, ha confessato il femminicidio: dopo mesi passati a negare di averle fatto del male, giurando sull’allontanamento volontario della moglie, ha finalmente detto la verità agli inquirenti. L’ha uccisa e nascosto il corpo in un borsone. Era un buon padre di famiglia a detta di tutti, Sollai.

Ad una trasmissione televisiva un parente, già sulle difensive a poche ore dalla scomparsa, aveva giurato essere un uomo calmo e tranquillo perché ormai quando una donna sparisce la prima causa a cui si pensa è che sia stata assassinata dal proprio ex. Ricordo che, a proposito di un’altra vittima, (la povera Giulia Cecchettin), a qualche ora dalla sua assenza già la cercavano nelle sterpaglie, sul greto di fiumi gelidi, fra le ramaglie secche. Gli uomini-assassini continuano a raccontare mirabolanti storie di amanti segreti, fughe all’estero, doppie vite ma le donne assassinate erano madri di famiglia, mogli, fidanzate che non si allontanavano mai dai loro affetti casalinghi, dai genitori, dai propri figli.

Un’ennesima tragedia rivelata tardivamente che targa definitivamente come insopportabili le recenti parole sentite volte a derubricare i femminicidi come conseguenza di qualche straniera devianza sociale e a disquisire sul vulnus eziologico del patriarcato e non solo perché stonavano con il momento della loro espressione (proprio all’inaugurazione della Fondazione in onore proprio di Giulia Cecchettin), ma anche perché rivelavano il vizio insito dell’uomo medio di sottovalutare la gravità sociale del fenomeno.

Tanti la pensano così, che sia tutta un’esagerazione, che la discriminazione di genere non esista perché “le donne sono dappertutto”, che queste derive criminose siano sempre esistite mentre ora “stiamo facendo tanta rumore per nulla”, che se un delitto lo commette uno straniero è un crimine mentre se lo commette un connazionale è una disgrazia, che gli uomini che uccidono la propria compagna sono “bravi ragazzi” in preda ad un “raptus” e che, scava scava, anche le donne in fin dei conti li esasperano…

La platea dei sostenitori di queste tesi è molto più nutrita di quel che si pensi e non necessariamente tutta di genere maschile, essendo la diseducazione affettiva anche figlia della connivenza delle madri e di tutte quelle persone che, accanto al carnefice, si macchiano di complicità silenziosa simulando normalità. Tutti a giurare sull’innocenza del carnefice a favore di camera (per assolvere sé stessi e non turbare la propria apparente tranquillità di vita) per poi meravigliarsi degli orrori da lui commessi. Questi sono i femminicidi: efferati omicidi di gruppo. Di cui, a noi donne, ci consentiranno di ricordarne il prossimo 25 novembre con claim mediatici ed eventi per poi, dalla sera stessa, riiniziare da capo. Finita la festa, che sia ribadito “il patriarcato non esiste”.

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