È davvero rumoroso, specie in questo momento, quell’urlo che richiama la politica al senso del pudore.
Mille sindaci hanno chiesto a Draghi di non abbandonare il paese. E allora? La spudoratezza dove sarebbe? Perché sarebbe un tentativo di ostacolare la marcia verso le elezioni anticipate? Forse la spudoratezza starebbe nel pretenderle.
Proviamo a ragionare.
Innanzitutto una questione di principio: lo scioglimento delle Camere è uno strumento eccezionale, destinato a colmare un vuoto istituzionale e non certo a porre rimedio a una crisi politica in occasione della quale gli organi costituzionali, Presidente della Repubblica in testa, e le forze politiche hanno il dovere, Carta alla mano, di provare a trovare soluzioni. Negli stati seri e civili si vota alle scadenze naturali e basta, lasciando il malvezzo del “voto quando mi pare” alle Banana Republic.
In secondo luogo v’è una ragione pratica: siamo in agosto, gli italiani sono immersi nelle ferie, quelle che, senza scomodare Brodolini e Giugni, sono riconosciute universalmente come un diritto sacrosanto. E andare a importunarle con formazione delle liste, raccolta firme, campagna elettorale e tutti quei fastidiosi ammennicoli pre-elettorali, che ormai rendono stucchevole il momento del voto, sarebbe una rottura di balle cosmica. Non per niente anche Salvini e Berlusconi sono infastiditi, l’uno bramoso di andare ad affondare il naso nei topless del Papeete e l’altro di andare in luna di miele tra le aristocrazie di Villa Certosa.
Poi sussiste più di una ragione da cogliere nell’ampio mazzo degli interessi del paese: inflazione, carestia energetica, PNRR, guerra, scacchiere internazionale, lavoro, scuola, covid (scegliete voi cosa altro aggiungere) che in autunno si presenteranno come problemi emergenti e incalzanti. Tutte cose che Draghi, e il suo governo, stava facendo, e dovrà fare e che, indipendentemente se bene o male, sono sempre meglio del nulla di chi lo ha preceduto.
C’è inoltre una ragione di opportunità che rende tutto ciò insensato: l’andare al voto anticipato a pochissimi mesi dalla scadenza naturale. Come se da qui a febbraio cambiasse qualcosa.
Infine c’è una questione escatologica. Il fine ultimo di chi pretende che si voti subito è un evidente interesse di bottega. Sono i sondaggi super favorevoli che raddoppierebbero la sua rappresentanza in parlamento. Non è una buona ragione. E per favore non ricominciamo con le solite menate: ridiamo la voce agli italiani; diamo al paese finalmente un premier eletto dal popolo (come se in Italia, dal 1948, ci fosse mai stato un capo del governo eletto a suffragio universale, cosa non prevista dalla Costituzione); in democrazia quando si deve votare si vota. Sarebbe una patetica spalmata di salsa qualunquista.
Giorgia è brava e intelligente, argomenta bene e annusa i tempi della politica, ma l’arte disegnata da Aristotele non è solo la gestione degli slogan.
Mi piacerebbe la Meloni alla guida del governo. Per vedere quanto dura. Perché in fondo la sua strategia politica è uguale a quella utilizzata dai Grillini durante la fase della loro crescita. Contestare, opporre, sfasciare.
Gestire il malcontento è molto facile: basta sostenere sempre il contrario di quel che fa chi governa e le brioche agli scontenti son belle che servite. Tanto in questo paese lamentarsi è una abitudine, anche da parte di chi gode dei privilegi, e un piccolo esercito di contestatori c’è sempre.
Poi però arriva il momento di governare e, come per quelli del Movimento 5Stelle, anche per Giorgia si scoprirà il bluff.
Certo la Meloni non è come Conte o Di Maio, è indubbiamente preparata e argomenta bene, ma passare dalla contestazione a prescindere, dalle frasi forti e a effetto che hanno il solo scopo di provocare la indignazione popolare, dalla libertà di cambiare posizione su problemi e emergenze a seconda di come cambia l’umore della gente, alla difficile prova delle scelte, alla progettazione dei programmi, alla gestione delle risorse e delle emergenze, cui è destinato chi governa, è cosa ben diversa.
Però cara Giorgia questo non è il momento, forse arriverà a marzo o forse aprile. Ma fossi al posto tuo lo ritarderei e mi augurerei che mai arrivasse.
Perché non sei Artemisia di Alicarnasso che fece grande il suo regno, e neanche Aspasia di Mileto che alle spalle di Pericle face grande Atene e tantomeno Livia Drusilla che alle spalle di Ottaviano Augusto costruì l’impero. Forse sei come Pentesilea, la regina delle amazzoni, una donna guerriera che sapeva solo combattere. Ecco perché ebbe un esercito ma non ebbe mai una terra da governare.
No Onorevole Meloni. Non sono i mille sindaci che destano scandalo, non è mancanza di buonsenso. Loro hanno solo fatto gli interessi delle comunità che rappresentano.
Se c’è una cosa che sfregia il senso del pudore è proprio la pretesa di andare al voto anticipato.
Onorevole Meloni non dismetta l’armatura, il laticlavio bianco con la banda rossa dei senatori romani non le si addice, la spiaggia di Troia sì, e c’è Achille che l’aspetta per una ennesima battaglia.
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