Tra gli argomenti maggiormente tabù di questo periodo c’è la denatalità. Parla di questo e sarai certamente punito da qualcuno, qualcosa o politicamente vivisezionato. L’ultimo ad averlo fatto è stato il Presidente della Duma Russa, una sorta di pre-assemblea decisoria, tale Vyacheslav Volodin, che ha proposto una legge che prevede sanzioni per chi diffonde contenuti o messaggi che incoraggiano a non avere figli e tutto ciò nel disperato tentativo di contrastare il tasso di denatalità che anche nella sempre più rigida Russia è in caduta libera.
Sia chiaro, di questa proposta di condivisibile c’è solo la disperazione: la situazione è gravissima ed è inversamente proporzionale all’attenzione che la società moderna ne riserva. Sì perché la denatalità è figlia della ricchezza che, differentemente dalle nazioni ancora povere (o comunque non ascrivibili nella contemporanea e generalista ricchezza) che continuano (giustamente) a proliferare, pare preferire l’oggi e prosciugare la visione del domani. Il risultato è che la linea rossa che il mondo non doveva oltrepassare è stata ampiamente oltrepassata e tutto il castello (economico, previdenziale, sociale…) scricchiola pericolosamente.
Ogni telegiornale dovrebbe aprire ogni giorno con questa prima pagina di allarme e invece si è tutti corsi a crogiolarsi più comodamente tra motivi della denatalità piuttosto che nelle soluzioni per affrontarla (un po’ come la visita di un medico che, dopo aver diagnosticato la febbre, se ne andasse senza assegnare una cura).
E così ognuno ha iniziato a rivendicare le proprie personali ragioni: si è parlato di emancipazione femminile, dello sdoganamento del concetto dell’essere completi anche senza figli, di una narrazione politicizzata dove incoraggiare a fare figli è considerato un retaggio fascista, di una generazione di giovani egoisti e neppure tanto giovani (giovani fino a 40 anni?), di influencer trastullarsi nel proprio ego, di locali – ristoranti – aerei child free, di attenzioni scomposte dove viene privilegiato un animale di affezione ad un figlio, di bambini freno della carriera, dei soldi, dei sogni e tanto altro ancora e tutto benedetto da quei movimenti, politici o mediatici, che esaltano l’”io” a scapito di tutto il resto.
Si è detto che non si potrà più tornare indietro, che si è destinati all’estinzione (di questo passo l’ultimo nato italiano sarà nel 2200) e che tutto sarà invaso dal mondo africano e asiatico (che a loro volta ne saranno vittima successivamente). Insomma. Di questo passo l’avidità della ricchezza parrebbe aver cannibalizzato in ultima battuta perfino l’uomo che l’ha generata alla ricerca di una vita “che non esiste”, fatta di nevrosi e consumismo che null’altro ha saputo generare. In un panorama così desolante dove perversa il più assordante dei silenzi, anni fa in un piccolo paesino italiano, di quelli dove oggi pagano per ripopolarsi, il Sindaco riuscì a portare una piccola fabbrica, dare asili e spazi ai nuovi nati, garantire la priorità ai bambini all’interno dell’intera comunità.
Fu così che i giovani, attratti da un nido sicuro e permanente, furono attirati dapprima a rientrare in paese e poi a mettere su famiglia. Sembra una favola di Sepulveda e invece è un fatto davvero accaduto ed archiviato sotto pile di notizie diametralmente opposte: Paesi e Comuni che investono in strutture e scuole ma che poi non hanno nessuno da far iscrivere. E allora non pare che esista una formula magica per contrastare la denatalità e né che debba diventare questa l’ennesima lotta morale contro i sostenitori di fazioni differenti. Finchè esisterà l’amore esisterà il desiderio di un figlio che poi, per germogliare, avrà bisogno di lavori sicuri e adeguatamente retribuiti (oggi ancora molti giovani non superano la soglia dei 1500€ netti al mese), politiche sociali e abitative dedicate e Comunità che riconoscano la priorità (urbanistica e fiscale) ai bambini. Non paiono essere misure impossibili da garantire. Perché dunque non darne?
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