Sfide globali
Accordi di Pace, Istanbul sede dei prossimi negoziati. E Mosca esclude Paesi terzi

Putin ha respinto la proposta dell’amministrazione Trump di tenere il prossimo round di colloqui in Vaticano; preferisce come sede quella di Istanbul che per Mosca non è affatto un campo neutro, soprattutto dopo la lunga visita che il ministro degli Esteri turco Fidan ha effettuato in Russia lunedì e martedì dove ha incontrato il capo della diplomazia del Cremlino, il suo portavoce, il capo delegazione per i colloqui con l’Ucraina Mendisky e lo stesso Putin, per rafforzarne la cooperazione in campo economico, energetico e regionale, nei vari terreni di competizione come in Siria, in Libia e nel Caucaso.
Il secondo round
Istanbul potrebbe essere la sede del prossimo round di negoziati di pace tra Russia e Ucraina. Il Cremlino ha già fissato la data, il secondo round di colloqui tra delegazioni potrebbe avvenire nella megalopoli turca lunedì 2 giugno. Lo ha annunciato mercoledì il portavoce in persona Dmitry Peskov, precisando che Putin non è disponibile a incontri faccia a faccia con Zelensky e Trump. Cò potrà avvenire solo se prima saranno stati raggiunti “risultati nei negoziati diretti tra le delegazioni”, ha detto Peskov. Kyiv al momento si dice in attesa di valutare il cosiddetto “memorandum” che il Cremlino sostiene di aver preparato in vista del secondo turno dei colloqui: non si fida e vuol vedere in anticipo cosa c’è scritto nel memorandum. Ma Mosca si rifiuta di inviarlo. Come al solito Ankara presenta con molta enfasi positiva la possibile ripresa dei colloqui anche se in realtà non c’è in vista alcuna novità come sostengono diverse fonti vicine all’amministrazione turca. A Erdogan non sembra vero di essere tornato al centro dei processi diplomatici nella regione che va dal Mar Nero, alla Siria e al Caucaso. Hakan Fidan, ha abilmente caricato il possibile secondo round di grandi aspettative dicendo che potrebbe svolgersi alla presenza dei presidenti di Russia, Ucraina e degli Stati Uniti, ospitati da Erdoğan.
Il ritiro delle truppe
Istanbul sta diventando la “piattaforma principale” per i negoziati tra Mosca e Kiev, sostiene il Cremlino che non vuole alcun altro Paese a negoziati russo-ucraini. “Europei e Usa potrebbero esserci solo per consultazioni tra loro”, precisa Peskov. Una delegazione russa partirà domenica per Istanbul, dove attenderà per lunedì quella ucraina per una nuova tornata di negoziati diretti. L’incontro tra delegazione del 16 maggio scorso si era concluso con un nulla di fatto. Ad esso erano assenti non solo Putin, ma anche il suo ministro degli Esteri Lavrov, mentre l’Ucraina era presente con una delegazione di Altissimo livello con i ministri degli Esteri e della Difesa. La Russia aveva chiesto il ritiro delle truppe ucraine da quattro regioni (Kherson, Luhansk, Donetsk, Zaporizhia), già inserite nella loro “Costituzione” come territori russi, anche se Mosca non controlla completamente i quattro oblast che sono stati solo parzialmente occupati. In sostanza è come se la delegazione russa avesse chiesto il ritiro delle truppe ucraine dall’Ucraina. Putin, dunque, conferma di essere rimasto fermo sulle richieste avanzate nel 2022, nel primo tentativo di colloqui tenuti a Istanbul e ad Antalya. Colloqui questi che tuttora vengono rappresentati dalla propaganda russa in occidente come risolutivi per un accordo di cessate il fuoco e per la pace che sarebbero stati rifiutati da Kiyv su pressione di alcuni paesi occidentali che avrebbero preferito di proseguire la guerra.
Nessun paese terzo
Nulla di più falso! Si trattava di una fake news fatta circolare in occidente dal Cremlino a cui non pochi media hanno fatto da megafono. In realtà quei colloqui fallirono prima ancora di iniziare. Mosca ha escluso che Paesi terzi partecipino ai negoziati. Secondo la Russia, i rappresentanti di Usa, Gran Bretagna, Germania e Francia di cui ha parlato l’inviato americano Keith Kellogg potrebbero essere presenti solo per consultazioni tra loro. Non vi sarà “una mediazione della Turchia né di nessun altro”, ha affermato la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, citata dall’’agenzia Ria Novosti.
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